Mi
sono svegliato alle 5,30 come al solito per sedermi in meditazione per
alcune ore (cosa che a quel tempo facevo regolarmente prima di andare a
meditare col mio maestro), prima di andare a Los Gatos (dove stava il
mio maestro). Ho acceso una candela, offerto un incenso, mi sono
inchinato e mi sono seduto sul mio cuscino.
Improvvisamente
ho sentito un uccellino cantare volando via. Il suono è penetrato
dentro di me in un modo che non aveva mai fatto prima e, dentro di me,
una voce ha chiesto spontaneamente: “Chi sente il suono?”
Istantaneamente
l’intero mondo, la mia percezione di esso, si sono ribaltati di 180°.
Ogni cosa è scivolata via. Ogni cosa. Ero il sentire. Ero l’uccellino.
Ero ogni cosa e non ero nulla del tutto. E’ come risvegliarsi dal sonno.
Niente di speciale. Nessuna eccitazione. Nessun brivido. Niente di
quello che pensavo avrebbe potuto essere. E’ come andare a casa. Come
trovare casa. Come essere a casa.
Così
ordinario e tuttavia così nuovo. Come essere nato per la prima volta.
Ogni respiro, ogni passo, ogni pensiero, ogni percezione era nuova. Il
Sé ritorna al Sé, anzi il Sé realizza il Sé, ma è così ordinario, così
naturale. C’era la solita idea che ci sarebbero stati tanti fuochi
d’artificio, tante di emozioni, un sacco di luci abbaglianti; ma questo
risveglio è così silenzioso, così quieto, così profondo, così presente
in ogni cosa; ha ogni cosa.
Per
mesi avevo sentito qualcosa che montava. Durante il giorno ridevo
continuamente perché tutto mi sembrava così trasparente, così
impermanente. Ogni cosa sembrava svanire di fronte ai miei occhi. Un
vuoto enorme aleggiava nello sfondo, ingoiando ogni cosa, ogni momento,
ogni percezione, quasi non appena compariva; ma non ero per niente
spaventato, anzi ero eccitato nell’osservare tutto quello che accadeva.
La mia energia e la mia convinzione crescevano di giorno in giorno.
Dentro sentivo come se tutti i miei vecchi modi di percepire il mondo e
me stesso stessero proprio dissolvendosi nel nulla, nel nulla. Continuai
a investigare questo nulla e questa dissoluzione sempre più
profondamente. Alla fine il mio interrogarmi si dissolveva nel momento
che nasceva. In un certo modo mi sentivo morto, ma gioiosamente morto.
Continuò per mesi e alla fine, l’ultima notte, l’ultimo pensiero fu:
“sono pronto”. Le parole vennero spontaneamente alla mente, non come
qualcosa di speciale, come un semplice fatto. Non ci pensai su e andai a
dormire. La mattina successiva quando sentii l’uccellino, ogni cosa
scomparve e la cosa successiva che seppi fu che io ero l’uccellino. Ero
l’ascoltare. Ero ogni cosa. Ogni cosa e Nulla. Così ordinario.
Vi leggerò questa poesia che ho scritto quella mattina:
Oggi mi sono risvegliato, finalmente vedo che il Sé è ritornato al Sé.
Il Sé non è altro che il Sé.
Sono senza morte. Sono senza fine. Sono libero.
Gli uccelli fuori cantano e io sono là.
Il vedere le foglie e gli alberi, io sono quel vedere.
Il corpo respira, io sono il respiro.
Sono risvegliato e so di essere risvegliato.
Vista coi vecchi occhi ogni cosa è addormentata, è un gioco, un’illusione.
Ma ora io sono sveglio. Io sono il gioco. Io sono l’illusione.
Sono l’illuminazione che ho cercato, cercando dappertutto.
Niente è separato, niente è da solo.
Sono tutto quello che vedo; tutto quello che odoro, che gusto, che tocco,
che sento, che penso e che so.
Sono risvegliato e il mio risveglio è lo stesso del Budda.
Oggi la foglia è ritornata alla radice.
Sono tutti i nomi e tutte le forme e aldilà di ogni nome e forma.
Sono spirito, non più intrappolato in un corpo.
Sono libero. Sono libero perché sono risvegliato.
Così ordinario. Chi l’avrebbe pensato? Chi avrebbe potuto pensarlo?
Sono a casa. Sono veramente a casa. Diecimila vite.
Diecimila vite, ma oggi sono a casa.
Questa non è un’esperienza. Questo sono io.
Sono risvegliato. Finalmente, sono risvegliato.
Prima ho assaggiato la radice molte volte e ho sentito com’era deliziosa.
Oggi sono diventato la radice.
Com’è tutto ordinario.