C’è
stato per tanti anni il desiderio di star bene e di vivere pienamente, in ogni
campo, la vita di questo mente-corpo. Attraverso anni di difficoltà questo
organismo è disceso nelle paure, nelle emozioni, nelle tensioni, nei ricordi,
nelle gioie, sapendo intimamente che fare questo gli avrebbe permesso di
conoscere se stesso e di vivere felice. È stato un viaggio molto lungo, durato
circa 15 anni, di sincera volontà di scoprirsi, togliere le maschere, vivere
con il reale “me stesso”. Ha incluso psicoterapie, percorsi di crescita
personale, meditazione. È stato portato avanti anche se dopo i primi mesi di
questo viaggio c’era già un sufficiente benessere.
Durante
gli ultimi 2 anni prima del risveglio e della liberazione, le pratiche hanno
condotto ad esplorare a pieno le sensazioni corporee e le energie del corpo.
C’è stato facilmente il percepire l’energia e il suo espandersi, contrarsi,
muoversi, sia dentro che fuori il corpo. Un processo di liberazione emozionale
ed energetica è stato portato avanti, mentre allo stesso tempo la pratica di
meditazione di consapevolezza e mindfulness giornaliera contribuiva ad
aumentare la chiarezza. Spesso durante queste pratiche c’era l’energia che si
muoveva dentro il corpo, un energia sottile, e liberarsi nel corpo fino ad
espandersi sopra la testa e ridiscendere nel corpo, oppure si liberava attorno
al corpo, spesso accompagnata da sensazioni di pace e benessere. Frequentemente
l’energia veniva esperita come di colore dorato o più raramente bianca.
Non c’è
stato il tentativo volontario di liberare l’energia, né di farne un uso
egoistico, tutto questo avveniva spontaneamente. Non c’è mai stato nella vita
il desiderio di illuminazione, di risveglio o di realizzazione spirituale, c’è
stato solo il seguire ciò che veramente faceva star bene, anzi spesso la mente
non apprezzava chi seguiva percorsi spirituali senza considerare la propria
materialità.
La
pratica di meditazione ha vissuto dei forti cambiamenti negli anni, che sono
giunti inattesi e hanno aperto nuove
esperienze. Uno di questi momenti è avvenuto a Luglio 2017, durante un ritiro
di mindfulness. È stato uno di quei momenti da cui non è stato più possibile
tornare indietro e scegliere una direzione diversa, ma non è sorto sulla base
della volontà.
Dopo
alcuni giorni di pratica, insieme a circa un centinaio di persone, si era
giunti ad un pomeriggio con una meditazione di pratica silenziosa.
Nell’esperienza c’era un osservare la mente cercare di capire di cosa essere
consapevole. La mente si chiedeva se era utile essere attento “al respiro o al
tutto?”, “come posso percepire tutto?” e altri piccoli pensieri, e c’era una
leggera tensione nei muscoli. Poi la conduttrice prese la parola per recitare
una poesia di Rumi che suonava più o meno così:
“Il
tuo dolore per ciò che hai perso solleva uno specchio
in
alto fin dove stai lavorando con coraggio.
Aspettandoti
il peggio, guardi, e invece,
ecco
il volto gioioso che volevi vedere.
La
tua mano si apre e si chiude e si apre e si chiude.
Se
fosse sempre un pugno o sempre distesa e aperta,
saresti
paralizzato.
La
tua più profonda presenza si trova in ogni piccola contrazione ed espansione,
le
due magnificamente in equilibrio e coordinate come ali d’uccello.”
Come
una lancia sferzata nel cielo che lontanissima risplende all’occhio mentre si
perde fra le nuvole, la consapevolezza vibrò notando qualcosa di nuovo.
All’inizio fu come un traballare del corpo e della mente, senza capire cosa
aveva notato. Poi divenne chiaro che cercando di diventare consapevole di
qualcosa – qualsiasi cosa fosse – stavo ponendo me stesso dalla parte della
mano chiusa, e cercando di non diventare consapevole di qualcosa – qualsiasi
cosa significasse – stavo ponendo me stesso dalla parte della mano aperta. Ma
in tutte e due i movimenti, quel cercare, quel desiderare, c’era un fondo di
dolore, come se apprezzando una nuvola in cielo si scopre trattarsi di una nube
tossica.
Ci
fu un senso di disgusto verso ciò che era stato fatto per anni durante la
meditazione. La mente pensava “come ho potuto fare questo senza accorgermene?”,
accompagnato da un senso di distacco salutare nei confronti di qualcosa che
stava procurando dolore.
Negli
stessi attimi comparve anche una chiarificazione che non c’era bisogno di
alcuno sforzo per diventare consapevole, perché c’era già la consapevolezza. Ci
fu un accorgersi della presenza di una “forma di consapevolezza”, che è
diventata evidente da quel momento in poi, che non richiedeva sforzo alcuno,
che accoglie liberamente la mano aperta (la consapevolezza senza oggetto o
aperta) sia la mano chiusa (la consapevolezza con oggetto o focalizzata), senza
esaurirsi in queste forme. Nel tempo questa è stata chiamata coscienza non-duale.
Questo
passaggio ha portato il corpo-mente a scivolare in una pratica diversa. Ogni
tanto la memoria suggeriva “non-sforzo, non-sé”, in modo da stare su questa
strada e non tornare allo sforzo precedente, lasciando andare lo sforzo se si
stava affacciando. C’era il camminare e avveniva senza alcun controllo del
corpo, respirare, pensare, senza alcun controllo. Per alcune ore è avvenuto
questo, e dopo cena, sul prato, c’è stata la Osho Kundalini Meditation che è
stata praticata in solitaria. Durante la fase seduta è emersa una piccola
paura, questa pratica infatti aveva scatenato in passato fortissime sensazioni
energetiche ed esperienze temporanee di vacuità, e sentivo che aveva il potere
di rievocarle di nuovo. La mano è stata appoggiata a terra per sentirne il
sostegno, c’è stato un chiedere dentro al cuore alla terra di sorreggermi e un
affidarmi a lei. Tutto stava per essere abbandonato definitivamente. Ogni
elemento che compariva, era abbandonato e rilasciato, sciogliendo
l’attaccamento quando iniziava a generarsi.
Poi c’è stata la fase silenziosa,
da sdraiato. C’era una grande calma dentro, e un’immagine si è presentata nella
mente, molto realistica. Era come una fessura a forma di colonna dorica,
attorniata dall’oscurità e con dentro le galassie. C’era il vedere che questa
colonna era come una finestra sul cosmo, le stelle e le nebulose vi erano
visibili attraverso. Una piccola contrazione della mente per un attimo ha
cercato di capire cosa fosse, ma immediatamente è stata rilasciata. La colonna
è scomparsa e non è stata mai più vista: quella è stata l’ultima immagine a cui
questo corpo-mente ha veramente creduto. Un totale abbandono è emerso.
C’è
stato un black-out per qualche minuto. La coscienza andava e veniva, andava e
veniva, on, off, on, off, on, off. Non c’era alcuno stato, non c’era un
comprendere qualcosa, non c’era essere, non c’era non-essere, era impossibile
vedere alcunché né permanere in una posizione. Dopo, un uccello nella notte, da
un albero, ha gracchiato e il corpo è sobbalzato con una certa paura dentro
esso, tuttavia c’era qualcosa di diverso in quella paura. È stata continuata la
pratica silenziosa fino alla fine. Al termine c’è stato alzarsi, tornare in
stanza e dormire. Il mattino dopo era proposta una intera giornata di pratica silenziosa,
c’è stato alzarsi, camminare, fare colazione, praticare, fino alla meditazione
camminata. In tutto questo arco di tempo, durato 12 ore circa, l’esperienza era
di completa vacuità. Tutto era vuoto, niente era percepito come consistente.
Per esempio il corpo-mente camminava senza che ci fosse qualcuno che
camminasse, né alcunché di camminato. Era come essere fuori dal cosmo, mentre
tutto andava avanti, senza più il bisogno di dire “non-sforzo” o altro. Era impossibile generare pensieri,
azioni, intenzioni volontariamente. Era quasi impossibile parlare anche senza
volontà individuale.
Verso
le 10 del mattino c’è stata la meditazione della camminata sul prato, con molte
persone attorno, in uno spazio ampio. C’era il sole e l’ambiente era pieno di
verde, alberi, l’aria era quasi calda. Nello stesso momento sono avvenute molte
cose. C’è stato il sollevare gli occhi verso l’albero di fronte e tutto si è
riempito di luminosità, di luce dorata, come se la luce emergesse da dentro
l’esperienza stessa in ogni punto, dall’erba, dal cielo, dalle persone, luce
viva che fa sentire che tutto è vivo, perfino i sassi. Allo stesso momento c’è
stato come un ridiscendere nella corporeità, come se dal vuoto assoluto la
coscienza tornasse piena di luce dentro al corpo e al tempo stesso un
rilassarsi profondo del corpo. C’è stato un rilascio di tensioni totalmente
naturale, come se un peso sconosciuto mi fosse stato tolto. Insieme a ciò una
grande beatitudine si è perfusa nel mente-corpo, come se riempisse ogni
cellula, una gioia dolce, delicata, non esaltata, morbida e totale. Infine,
nello stesso attimo una voce, né dentro né fuori dal mente-corpo ha detto
“Questa è l’illuminazione”, e poco dopo ha aggiunto delle parole che la memoria
non ha conservato precisamente, che si possono riassumere con “tutto è
compiuto, il cammino è terminato”. Continuando a camminare con questi eventi,
l’attimo dopo c’è stato l’accorgersi che tutto si era illuminato e risvegliato,
tutto stava vivendo “ciò”, e che tutto aveva collaborato affinché ciò fosse
possibile.
Questa comprensione inspiegabile e totalmente vera è sorta insieme
ad un senso di gratitudine del cuore che il corpo-mente ha sentito di mostrare
facendo un lieve saluto e inchino alla collina di fronte. Infinita bellezza,
amore, espansione e vuoto, e molti altri tesori in quel momento emergevano.
Poco
dopo è stato possibile comprendere esplicitamente quanto era accaduto come
“esiste questo (il mondo condizionato), esiste quello (l’incondizionato
trascendente), quello è questo senza separazione, io sono quello.” Ovviamente
le parole scritte qui non sono quelle sorte allora, ma la comprensione è
identica.
Tutto
ciò è arrivato non è stato cercato, non c’è alcuna volontà di “prendere” ciò. Dopo
questi attimi la vita ha continuato come mistero vivente.
Si possono riassumere
alcuni aspetti che sono sempre rimasti da allora:
-
una completa
trasformazione dell’esperienza e lo stabilizzarsi della coscienza non-duale in
ogni momento e luogo;
-
l’impossibilità di
trovarsi e sapere chi si è (identificarsi) mentre al tempo stesso è possibile
sapere “in che direzione si è” e continuare a disvelarlo attimo per attimo
senza arrivare ad una conclusione;
-
una continua
beatitudine che assume diverse intensità, a volte come gioia calma, oppure
pace, amorevolezza, dolce silenzio. Questo è presente anche nelle esperienze
spiacevoli e non è riferito ad alcun “sé”;
-
la possibilità di
percepire in ogni momento il campo energetico associato a questo corpo-mente
come una colonna di luce dorata, che è sempre presente quando vi è il portarvi
l’attenzione e attraversa il corpo nella direzione basso-alto e viceversa, che
non ha né inizio né fine nello spazio. Uno specifico campo energetico sulla
sommità della testa percepito come una sfera o simile ad una fiamma in
movimento, un altro specifico campo energetico al centro della fronte, simile
ad una più piccola sfera o come una fessura verticale o una fiamma, anche
questo sempre in movimento;
-
il corpo è percepito
come senza confini netti come se si espandesse all’infinito, e allo stesso
tempo è possibile percepire i confini fisici-materiali dati dalla
propriocezione corporea;
-
la comprensione
intuitiva della verità e la possibilità di esprimerla in infiniti modi diversi,
senza attaccamento ad uno di questi modi;
-
l’impossibilità di percepire
“sé” come sofferente, sia fisicamente, che emotivamente o mentalmente, pur
rimanendo la possibilità di percepire il dolore fisico e psicologico, oltre a
quello di tutti i vissuti spiacevoli. Ciò avviene in quanto queste esperienze
non sono riferite ad alcun “sé” o identità separata o situata;
-
nessun senso di aver
meritato ciò, né di riferirlo come proprietà di qualcuno, né di considerarlo
speciale o “superiore”;
-
infine, eliminando
tutte le parole scritte l’unica cosa che si può dire è che c’è solo il mistero
di ciò-che-è, o meglio… .
Per
quanto riguarda gli aspetti più comuni la vita continua come procedeva prima di
questi eventi, accaduti circa 2 anni fa. Questo corpo-mente è nato e vive in
Italia, conduceva e conduce una soddisfacente vita professionale e relazionale,
quando è avvenuto ciò che è stato descritto aveva circa 30 anni.
La vita
continua con un “sapore” totalmente
nuovo e inafferrabile, con semplicità e spontaneità, insieme al movimento che
sta sostenendo la mente-corpo ad adattarsi alla comprensione di ciò-che-è. Non
c’è infatti la pretesa di essere fuggito in un altro mondo o speciale stato, e
c’è il prendersi cura di tutti gli aspetti condizionati, mente, corpo,
personalità, lavoro, relazioni. Esattamente come ogni altra persona, questa
persona è ciò che non è.
Dharmananda