Alla fine sono arrivata in quel luogo che non ho ma lasciato: la
semplicità e l’immediatezza del Qui/Ora—questo
che è sempre presente e del tutto completo malgrado
quello che accade nel film della vita
di veglia e mai per quello che accade. Ho ancora momenti di scoramento e di pene di cuore, accessi di
rabbia, onde di depressione o di ansietà, e periodi di ritorno di comportamenti
compulsivi e di assuefazioni. Forse queste cose accadono meno frequentemente,
meno severe e per minor durata, ma accadono ancora. E il mondo in genere è
ancora pieno di sofferenza e ingiustizia.
Quello
che sembra essere cambiato è che c’è
stato uno svanire del pensiero e del senso di essere una persona separata in
carica della “mia vita” che prima o poi perfezionerà se stessa o il mondo.
C’è la realizzazione che la vita include
l’intero spettacolo, la luce e l’oscurità, che niente in essa è personale, che
tutto accade senza sforzo, da sé, nell’unico modo possibile, e che niente di
tutto questo ha alcuna solidità o permanenza.
C’è
anche chiarezza su come sia lo sforzo non necessario a dar luogo alla nostra
sofferenza umana e alla confusione, su come ci rendiamo infelici. Quando
questo si è chiarito c’è stata una
diminuzione di credulità quando appare il canto di delusione della sirena. Quando mi scopro a pensare che manchi
qualcosa o che la correzione sia in qualche modo là fuori, c’è una maggior
abilità a rilassarsi nel Qui/Ora, il luogo che non ho mai veramente
lasciato. Invece di aggiustare o migliorare intenzionalmente “me stessa” o “il
mondo”, sono più aperta a permettere che
le cose si guariscano a loro modo, coi loro tempi, come fanno comunque. C’è
devozione all’immediatezza della vita esattamente così com’è adesso, senza
sovrapporre alcun genere modifica. Questa intimità nuda non è né uno sforzo
orientato verso uno scopo alla ricerca di un miglioramento, né una
rassegnazione fatalistica o passiva. E’ una vitalità energetica, un’apertura
che include tutto e non si attacca a nulla. Non è un qualcosa che “tu” consegui
o acquisisci, ma semplicemente il nudo essere senza confini che è già
pienamente presente qui, proprio adesso.
E’ un
gran sollievo realizzare che in questo accadere indiviso non c’è perfezione
separata dall’imperfezione, che la luce e l’oscurità sorgono insieme come la
cresta e la valle dell’onda, che non possono essere separate, e apprezzare la
santità di ogni cosa esattamente così com’è, verruche e tutto il resto.
La ferma convinzione di sapere quello che è
meglio per l’universo sembra, per fortuna, essere evaporata. E quando si
presenta ha una qualità accattivante, “O guarda ecco che Joan fa di nuovo il
suo balletto di preoccupazione”. Ho scoperto che non c’è fine ai problemi.
Quando ne risolviamo uno, ne nasce uno nuovo. Ma questo diventa solo una
sorgente di sofferenza se pensiamo che dovrebbe essere diverso. Di fatto il
tempo turbolento e nuvoloso è parte integrale del tutto, quanto il tempo
limpido e soleggiato. Ed è tutta questione di prospettiva e punti di vista
quello che consideriamo soleggiato. Ogni volta che facciamo un passo o ci
grattiamo il naso uccidiamo milioni di microorganismi, ma non ci pensiamo due
volte a questa massiccia uccisione. Riteniamo lo sterminio di un virus o di un
gruppo di cellule cancerogene una cosa positiva e non sentiamo alcun oltraggio
morale se una colonia di formiche invade e asservisce un’altra colonia.
Ma, in
contrasto, il nostro dramma umano sembra serio e pieno di significato, e il
nostro punto di vista particolare sembra molto reale e “giusto”. Nel film della
vita di veglia che comincia a proiettarsi tutte le mattine io sembro un
carattere di un dramma in sviluppo, e quando ascolto le notizie sembra che il
mondo sia il campo di una battaglia epica tra il bene e il male. La storia è
affascinante e sembra molto reale. Ma poi, magicamente, ogni notte nel sonno
profondo, scompare l’intero film e io con lui.
Quello
che rimane nel sonno profondo non può essere percepito né concepito. E’ il
terreno senza terreno, quello che è prima della coscienza. Nei sogni della
notte e nel film della vita di veglia, simile a un sogno, questa assenza di
terreno di base appare come infinite forme. Quando guardiamo più da vicino
vediamo che queste forme non sono altro
che continuo cambiamento, e che in realtà non si forma nessuna cosa solida,
indipendente e persistente, eccetto che concettualmente, come un idea.
L’intero
spettacolo è un accadimento unico senza discontinuità, sempre mutevole, in
continuo cambiamento e inafferrabile: particelle subatomiche che ondeggiano
dentro e fuori l’esistenza, pianeti che ruotano attorni al sole, uragani che
spazzano l’oceano, uccelli che emigrano, formiche che costruiscono tunnel e
collinette, globuli bianchi che combattono un’infezione, umani che spianano una
foresta, che costruiscono un centro di meditazione, che scrivono libri, che
fanno la spesa, che si innamorano, si arrabbiano, si svegliano, sognano,
fantasticano, si risvegliano dal sogno, pensano, ricordano, immaginano, sentono
il traffico, leggono queste parole.
Solo quando pensiamo a
questo flusso continuo e lo mettiamo in parole si rompe, apparentemente, in soggetti e oggetti, sostantivi e verbi, cause
ed effetti, prima e dopo, buono e cattivo. Solo
quando pensiamo, sembra che ci sia
uno svolgersi nel tempo di una narrazione col “me” nel centro della storia,
un’unità di coscienza (una mente) apparentemente separata e incapsulata in un
corpo apparentemente separato, qualcuno che deve fare qualcosa di me, usare i
miei doni per aiutare il mondo, avere successo, fare la cosa giusta e forse
illuminarsi.
Ma se
guardiamo indietro con consapevolezza verso la sorgente di qualunque impulso,
pensiero, desiderio, intenzione, azione o reazione che si manifestano, non si
può trovare o localizzare nessun punto di origine. Non abbiamo nessuna idea di quello che possa essere il nostro prossimo
pensiero. Recenti ricerche sul
cervello indicano che ora che si manifesta un pensiero tipo “devo dar da
mangiare al gatto” l’azione che questo pensiero sembra iniziare è, di fatto,
già in corso nel corpo. Nel battito di un ciglio le forme di questo momento
svaniscono nell’aria rimpiazzate istantaneamente da un universo interamente
nuovo.
Quando guardiamo da
vicino a qualunque forma apparente (una sedia, una persona, un pensiero,…) è
ovvio che nulla di quello che appare ha alcuna realtà sostanziale e
persistente. Ogni cosa sta cambiando, si sta dissolvendo in qualcos’altro. E’
tutto un luccichio, un’apparenza come sogno che svanisce non appena compare.
Ogni cosa sta cambiando e, paradossalmente, Qui/Ora è sempre presente.
Qualunque momento del giorno o della notte sembra essere, qualunque anno sia,
quantunque vecchi possiamo sembrare, in qualunque posto si mostri, sta sempre
accadendo Qui/Ora. C’è solo l’eternità senza tempo, senza luogo, senza
proprietario, che non mai viene, mai va, e mai rimane la stessa
Questa presenza
consapevole, questa immediatezza, questa continuità senza interruzioni che
chiamo Qui/Ora è l’acqua in ogni onda. Questo momento, esattamente così com’è,
è inevitabile e senza vie di fuga. Tipicamente noi ci immaginiamo di essere
un’entità duratura, indipendente, dotata di libero arbitrio, un frammento
separato dal tutto, che lotta per controllare la sua vita e per sopravvivere
come questa forma concettuale chiamata “me” che pensiamo reale.
Temiamo la morte e
speriamo che la “mia” coscienza e la mia storia continuerà in qualche genere di piacevole dopo la vita. Ma questa
immagine della nostra situazione è tanto mal concepita quanto quella dei nostri
antenati che, non molto tempo fa, temevano che salpando nell’oceano avrebbero
potuto cadere fuori dal bordo della terra. Quando vediamo veramente che non c’è
nessuna forma separata, indipendente, persistente — che non esistono confini o
bordi tra soggetto e oggetto, sé e non-sé, nascita e morte – che c’è solo
questa illimitatezza sempre presente, sempre mutevole – allora non c’è corpo,
non c’è mente a parte dalla totalità. Come non c’è bordo della terra, non c’è
un qualcuno indipendente e persistente che sia nato e che alla fine muoia. C’è
solo questo inspiegabile flusso in continuo scorrimento o presenza senza
confini, così com’è, da cui nulla sta separato – una vasta vacuità che fiorisce
in questa apparenza sempre mutevole.
Siamo
ognuno molto di più (e molto meno) di quanto abbiamo immaginato di essere.
Siamo ognuno l’innominabile presenza-consapevolezza che non ha nessun centro,
nessun proprietario, nessuna locazione, nessun confine, nessuna forma, nessun
inizio e nessuna fine. Siamo ognuno l’intero universo e quello che rimane
quando l’universo finisce. E,
innegabilmente, nello stesso tempo, sembra che ognuno di noi stia giocando la
parte di un particolare carattere, e che ognuno di noi stia apparentemente
osservando e agendo in un film completamente suo della vita di veglia.
Come fiocchi di neve
nessun film è esattamente uguale. Ma possiamo notare che questo carattere è un
genere di apparenza intermittente, sempre mutevole, tipo miraggio, che va e
viene assieme a tutti gli altri caratteri e il sempre mutevole scenario in
questo film come sogno della vita di veglia. E che è solo nel film che
sembriamo essere delle persone separate con corpi separati, menti separate e
film separati.
Possiamo dire che
ogni cosa è il gioco della coscienza, qualunque cosa sia la “coscienza”. La
verità che la vita è un evento misterioso che non può mai venire catturato da
nessuna formulazione scientifica o metafisica. E tuttavia essere qui ora,
questo accadere presente, è innegabile, ovvio e inevitabile. E misterioso solo
quando cerchiamo di spiegarlo o cerchiamo di dargli un senso concettuale. Ho
notato che quando compare sofferenza o confusione significa che la coscienza è
persa nei pensieri, intrappolata in una specie di mondo di sogno ipnotico.
Ha dimenticato di
essere l’intero oceano e si identifica con un’onda particolare e poi cerca
disperatamente di sopravvivere come onda, di essere un’onda di successo. Cerca
sempre l’oceano! Quando c’è il riconoscimento che non esiste nessun onda
separata dall’oceano, quando non c’è nessuna separazione immaginaria tra il
“me” e questo accadere presente, la sofferenza ha fine. Il problema svanisce e
io svanisco come un qualcuno immaginario che apparentemente ha bisogno di fare
qualcosa di me stesso e di salvare il mondo e capire tutto ed entrare in uno
stato di coscienza superiore.
C’è semplicemente
questo momento presente, così com’è. Questo svegliarsi dal sogno della
separazione può accadere solo adesso, non sempre dopo o nel futuro, e non è
tanto un qualcosa che accade ma piuttosto la totale semplicità di Qui/Ora, così
com’è. Questo essere semplice, nudo, è così incredibilmente ovvio e di fatto
inevitabile, sembra elusivo solo perché è così vicino, così tutto inclusivo.
Non è questione di
capire tutto questo intellettualmente, ma piuttosto di riconoscere quello che
non richiede nessuna comprensione, quello che è veramente inconcepibile ma
nello stesso tempo completamente ovvio e totalmente inevitabile. Riguarda
riconoscere l’immediatezza non-concettuale che è proprio qui, proprio adesso,
e, in realtà, questa comprensione non è mai non qui, perché nulla non è questo.
Persino i pensieri e le storie che sembrano portarci via non sono altro che
questo accadere senza confini, sono solo apparenze momentanee nel caleidoscopio
sempre mutevole del Qui/Ora, scoppi di
energia con nessuna forma inerente o esistenza durevole.
La
realtà sacra è veramente inevitabile anche se può apparentemente essere oscurata o ignorata.
La liberazione non è
il conseguimento o l’acquisizione di qualcosa di nuovo e non è il risultato di
una causa, ma piuttosto è l’immediatezza sempre presente da cui nulla è
separato. La liberazione è realmente un non accadimento, uno spostamento senza
spostamento, o, come si dice nello Zen, una porta senza porta. E’ Qui/Ora.
Da: “Nothing to Grasp”