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LA MIA VITA RISVEGLIATA - Joan Tollifson


Alla fine sono arrivata in quel luogo che non ho ma lasciato: la semplicità e l’immediatezza del Qui/Ora—questo che è sempre presente e del tutto completo malgrado quello che accade nel film della vita di veglia e mai per quello che accade. Ho ancora momenti di scoramento e di pene di cuore, accessi di rabbia, onde di depressione o di ansietà, e periodi di ritorno di comportamenti compulsivi e di assuefazioni. Forse queste cose accadono meno frequentemente, meno severe e per minor durata, ma accadono ancora. E il mondo in genere è ancora pieno di sofferenza e ingiustizia.
Quello che sembra essere cambiato è che c’è stato uno svanire del pensiero e del senso di essere una persona separata in carica della “mia vita” che prima o poi perfezionerà se stessa o il mondo. C’è la realizzazione che la vita include l’intero spettacolo, la luce e l’oscurità, che niente in essa è personale, che tutto accade senza sforzo, da sé, nell’unico modo possibile, e che niente di tutto questo ha alcuna solidità o permanenza.
C’è anche chiarezza su come sia lo sforzo non necessario a dar luogo alla nostra sofferenza umana e alla confusione, su come ci rendiamo infelici. Quando questo  si è chiarito c’è stata una diminuzione di credulità quando appare il canto di delusione della sirena. Quando mi scopro a pensare che manchi qualcosa o che la correzione sia in qualche modo là fuori, c’è una maggior abilità a rilassarsi nel Qui/Ora, il luogo che non ho mai veramente lasciato. Invece di aggiustare o migliorare intenzionalmente “me stessa” o “il mondo”, sono più aperta a permettere che le cose si guariscano a loro modo, coi loro tempi, come fanno comunque. C’è devozione all’immediatezza della vita esattamente così com’è adesso, senza sovrapporre alcun genere modifica. Questa intimità nuda non è né uno sforzo orientato verso uno scopo alla ricerca di un miglioramento, né una rassegnazione fatalistica o passiva. E’ una vitalità energetica, un’apertura che include tutto e non si attacca a nulla. Non è un qualcosa che “tu” consegui o acquisisci, ma semplicemente il nudo essere senza confini che è già pienamente presente qui, proprio adesso.
E’ un gran sollievo realizzare che in questo accadere indiviso non c’è perfezione separata dall’imperfezione, che la luce e l’oscurità sorgono insieme come la cresta e la valle dell’onda, che non possono essere separate, e apprezzare la santità di ogni cosa esattamente così com’è, verruche e tutto il resto.
 La ferma convinzione di sapere quello che è meglio per l’universo sembra, per fortuna, essere evaporata. E quando si presenta ha una qualità accattivante, “O guarda ecco che Joan fa di nuovo il suo balletto di preoccupazione”. Ho scoperto che non c’è fine ai problemi. Quando ne risolviamo uno, ne nasce uno nuovo. Ma questo diventa solo una sorgente di sofferenza se pensiamo che dovrebbe essere diverso. Di fatto il tempo turbolento e nuvoloso è parte integrale del tutto, quanto il tempo limpido e soleggiato. Ed è tutta questione di prospettiva e punti di vista quello che consideriamo soleggiato. Ogni volta che facciamo un passo o ci grattiamo il naso uccidiamo milioni di microorganismi, ma non ci pensiamo due volte a questa massiccia uccisione. Riteniamo lo sterminio di un virus o di un gruppo di cellule cancerogene una cosa positiva e non sentiamo alcun oltraggio morale se una colonia di formiche invade e asservisce un’altra colonia.
Ma, in contrasto, il nostro dramma umano sembra serio e pieno di significato, e il nostro punto di vista particolare sembra molto reale e “giusto”. Nel film della vita di veglia che comincia a proiettarsi tutte le mattine io sembro un carattere di un dramma in sviluppo, e quando ascolto le notizie sembra che il mondo sia il campo di una battaglia epica tra il bene e il male. La storia è affascinante e sembra molto reale. Ma poi, magicamente, ogni notte nel sonno profondo, scompare l’intero film e io con lui.
Quello che rimane nel sonno profondo non può essere percepito né concepito. E’ il terreno senza terreno, quello che è prima della coscienza. Nei sogni della notte e nel film della vita di veglia, simile a un sogno, questa assenza di terreno di base appare come infinite forme. Quando guardiamo più da vicino vediamo che queste forme non sono altro che continuo cambiamento, e che in realtà non si forma nessuna cosa solida, indipendente e persistente, eccetto che concettualmente, come un idea.
L’intero spettacolo è un accadimento unico senza discontinuità, sempre mutevole, in continuo cambiamento e inafferrabile: particelle subatomiche che ondeggiano dentro e fuori l’esistenza, pianeti che ruotano attorni al sole, uragani che spazzano l’oceano, uccelli che emigrano, formiche che costruiscono tunnel e collinette, globuli bianchi che combattono un’infezione, umani che spianano una foresta, che costruiscono un centro di meditazione, che scrivono libri, che fanno la spesa, che si innamorano, si arrabbiano, si svegliano, sognano, fantasticano, si risvegliano dal sogno, pensano, ricordano, immaginano, sentono il traffico, leggono queste parole.
Solo quando pensiamo a questo flusso continuo e lo mettiamo in parole si rompe, apparentemente, in soggetti e oggetti, sostantivi e verbi, cause ed effetti, prima e dopo, buono e cattivo. Solo quando pensiamo, sembra che ci sia uno svolgersi nel tempo di una narrazione col “me” nel centro della storia, un’unità di coscienza (una mente) apparentemente separata e incapsulata in un corpo apparentemente separato, qualcuno che deve fare qualcosa di me, usare i miei doni per aiutare il mondo, avere successo, fare la cosa giusta e forse illuminarsi.
Ma se guardiamo indietro con consapevolezza verso la sorgente di qualunque impulso, pensiero, desiderio, intenzione, azione o reazione che si manifestano, non si può trovare o localizzare nessun punto di origine. Non abbiamo nessuna idea di quello che possa essere il nostro prossimo pensiero. Recenti ricerche sul  cervello indicano che ora che si manifesta un pensiero tipo “devo dar da mangiare al gatto” l’azione che questo pensiero sembra iniziare è, di fatto, già in corso nel corpo. Nel battito di un ciglio le forme di questo momento svaniscono nell’aria rimpiazzate istantaneamente da un universo interamente nuovo.
Quando guardiamo da vicino a qualunque forma apparente (una sedia, una persona, un pensiero,…) è ovvio che nulla di quello che appare ha alcuna realtà sostanziale e persistente. Ogni cosa sta cambiando, si sta dissolvendo in qualcos’altro. E’ tutto un luccichio, un’apparenza come sogno che svanisce non appena compare. Ogni cosa sta cambiando e, paradossalmente, Qui/Ora è sempre presente. Qualunque momento del giorno o della notte sembra essere, qualunque anno sia, quantunque vecchi possiamo sembrare, in qualunque posto si mostri, sta sempre accadendo Qui/Ora. C’è solo l’eternità senza tempo, senza luogo, senza proprietario, che non mai viene, mai va, e mai rimane la stessa
Questa presenza consapevole, questa immediatezza, questa continuità senza interruzioni che chiamo Qui/Ora è l’acqua in ogni onda. Questo momento, esattamente così com’è, è inevitabile e senza vie di fuga. Tipicamente noi ci immaginiamo di essere un’entità duratura, indipendente, dotata di libero arbitrio, un frammento separato dal tutto, che lotta per controllare la sua vita e per sopravvivere come questa forma concettuale chiamata “me” che pensiamo reale.
Temiamo la morte e speriamo che la “mia” coscienza e la mia storia continuerà in qualche  genere di piacevole dopo la vita. Ma questa immagine della nostra situazione è tanto mal concepita quanto quella dei nostri antenati che, non molto tempo fa, temevano che salpando nell’oceano avrebbero potuto cadere fuori dal bordo della terra. Quando vediamo veramente che non c’è nessuna forma separata, indipendente, persistente — che non esistono confini o bordi tra soggetto e oggetto, sé e non-sé, nascita e morte – che c’è solo questa illimitatezza sempre presente, sempre mutevole – allora non c’è corpo, non c’è mente a parte dalla totalità. Come non c’è bordo della terra, non c’è un qualcuno indipendente e persistente che sia nato e che alla fine muoia. C’è solo questo inspiegabile flusso in continuo scorrimento o presenza senza confini, così com’è, da cui nulla sta separato – una vasta vacuità che fiorisce in questa apparenza sempre mutevole.
Siamo ognuno molto di più (e molto meno) di quanto abbiamo immaginato di essere. Siamo ognuno l’innominabile presenza-consapevolezza che non ha nessun centro, nessun proprietario, nessuna locazione, nessun confine, nessuna forma, nessun inizio e nessuna fine. Siamo ognuno l’intero universo e quello che rimane quando  l’universo finisce. E, innegabilmente, nello stesso tempo, sembra che ognuno di noi stia giocando la parte di un particolare carattere, e che ognuno di noi stia apparentemente osservando e agendo in un film completamente suo della vita di veglia.
Come fiocchi di neve nessun film è esattamente uguale. Ma possiamo notare che questo carattere è un genere di apparenza intermittente, sempre mutevole, tipo miraggio, che va e viene assieme a tutti gli altri caratteri e il sempre mutevole scenario in questo film come sogno della vita di veglia. E che è solo nel film che sembriamo essere delle persone separate con corpi separati, menti separate e film separati.
Possiamo dire che ogni cosa è il gioco della coscienza, qualunque cosa sia la “coscienza”. La verità che la vita è un evento misterioso che non può mai venire catturato da nessuna formulazione scientifica o metafisica. E tuttavia essere qui ora, questo accadere presente, è innegabile, ovvio e inevitabile. E misterioso solo quando cerchiamo di spiegarlo o cerchiamo di dargli un senso concettuale. Ho notato che quando compare sofferenza o confusione significa che la coscienza è persa nei pensieri, intrappolata in una specie di mondo di sogno ipnotico.
Ha dimenticato di essere l’intero oceano e si identifica con un’onda particolare e poi cerca disperatamente di sopravvivere come onda, di essere un’onda di successo. Cerca sempre l’oceano! Quando c’è il riconoscimento che non esiste nessun onda separata dall’oceano, quando non c’è nessuna separazione immaginaria tra il “me” e questo accadere presente, la sofferenza ha fine. Il problema svanisce e io svanisco come un qualcuno immaginario che apparentemente ha bisogno di fare qualcosa di me stesso e di salvare il mondo e capire tutto ed entrare in uno stato di coscienza superiore.
C’è semplicemente questo momento presente, così com’è. Questo svegliarsi dal sogno della separazione può accadere solo adesso, non sempre dopo o nel futuro, e non è tanto un qualcosa che accade ma piuttosto la totale semplicità di Qui/Ora, così com’è. Questo essere semplice, nudo, è così incredibilmente ovvio e di fatto inevitabile, sembra elusivo solo perché è così vicino, così tutto inclusivo.
Non è questione di capire tutto questo intellettualmente, ma piuttosto di riconoscere quello che non richiede nessuna comprensione, quello che è veramente inconcepibile ma nello stesso tempo completamente ovvio e totalmente inevitabile. Riguarda riconoscere l’immediatezza non-concettuale che è proprio qui, proprio adesso, e, in realtà, questa comprensione non è mai non qui, perché nulla non è questo. Persino i pensieri e le storie che sembrano portarci via non sono altro che questo accadere senza confini, sono solo apparenze momentanee nel caleidoscopio sempre  mutevole del Qui/Ora, scoppi di energia con nessuna forma inerente o esistenza durevole.
La realtà sacra è veramente inevitabile anche se può apparentemente essere oscurata o ignorata.
La liberazione non è il conseguimento o l’acquisizione di qualcosa di nuovo e non è il risultato di una causa, ma piuttosto è l’immediatezza sempre presente da cui nulla è separato. La liberazione è realmente un non accadimento, uno spostamento senza spostamento, o, come si dice nello Zen, una porta senza porta. E’ Qui/Ora.

Da: “Nothing to Grasp”